MATERIA OSCURA

LA MATERIA OSCURA

Ciò che vediamo: stelle, pianeti, comete… rappresenta solo una piccola parte della materia che compone l’Universo (U).

La componente più cospicua è costituita da una forma di materia che non emette né assorbe radiazione luminosa: la materia oscura (MO).

Ultimamente si è poi scoperto che il 73% dell’Universo è costituito da una forma di “energia oscura”, una sorta di pressione negativa che domina l’evoluzione dell’Universo accelerandone l’espansione.Solo il 4% dell‘U è costituito da particelle a noi note: protoni, elettroni e nuclei (materia barionica) che costituiscono pianeti, stelle e galassie.

Il 25% è costituito dalla MO, distribuita in modo non uniforme sia nella nostra galassia sia nello spazio intergalattico.

Si pensa che le particelle che formano la MO risentano solo della forza gravitazionale e della forza nucleare debole.

La prima evidenza sperimentale dell’esistenza di MO è dovuta alla misura della velocità di alcune galassie da parte dell’astrofisico svizzero (anche se è nato a Varna in Bulgaria) Fritz Zwicky nell’anno 1933.

I suoi calcoli dimostrarono che la sola componente visibile della materia, presente nelle galassie dell’Ammasso ‘’Chioma di Berenice’’ non giustificava le velocità misurate.

Ne dedusse che la materia non luminosa presente nell’ammasso doveva essere nettamente superiore rispetto a quella visibile; tre anni dopo (1936) tale previsione fu confermata anche per l’Ammasso della ‘’Vergine’’.

Negli anni ’60 due astrofisiche Louise Volders (olandese) e Vera Rubin (americana) misurarono con precisione la velocità di rotazione di numerose stelle di due galassie a noi vicine (M33 Triangolo e M31 Andromeda).

In analogia con i pianeti del sistema solare, le stelle avrebbero dovuto muoversi più lentamente a mano a mano che ci si spostava ai bordi della galassia.

La velocità rimaneva, invece, costante anche lontano dal centro galattico.

L’interpretazione più verosimile considera la presenza di materia invisibile, che trascina tutte le stelle alla stessa velocità; esisterebbe, cioè, una componente di materia (non visibile) che contribuisce alla massa della galassia in modo da giustificare le velocità di rotazione misurate.

Le stelle periferiche di una galassia spirale hanno velocità orbitali ≈ 200 km/s.

Se la galassia fosse composta solo dalla materia visibile queste stelle, in breve tempo, la abbandonerebbero, dato che la velocità di fuga dalla galassia è ≈ 50 km/s.

I dati relativi alle velocità di rotazione delle stelle periferiche di galassie spirale e di ammassi galattici, sono stati confermati anche su altri oggetti del cosmo, come la Grande Nube Magellano intorno alla Via Lattea.

Vi sono altre prove che confermano l’esistenza della MO.

Dalla teoria della Relatività Generale sappiamo che i raggi luminosi di una sorgente sono deviati (lente gravitazionale) se passano in prossimità di un corpo di massa rilevante.

In alcune osservazioni di stelle o galassie si è riscontrato che la massa visibile risulta insufficiente per creare una lente gravitazionale, per cui si prefigura la presenza di MO.

Nell’agosto 2006 la NASA ha rilasciato un report secondo cui il telescopio spaziale Chanda (RX) avrebbe trovato prove dirette dell’esistenza di MO.

Inoltre, il telescopio Canada France Hawaii Telescope (CFHT) sul monte Mauna Kea (Hawaii) ha osservate migliaia di Galassie per verificare la deviazione subita dalla luce e ha rilevato che la luce veniva deviata anche in luoghi dove non vi erano masse, a dimostrazione della presenza di MO (non visibile).

Interpretazioni

La spiegazione maggiormente coerente con i dati rilevati è che la MO sia costituita da particelle che interagiscono solo gravitazionalmente con la materia ordinaria (materia barionica).

La MO è stata creata nei primi istanti dopo il Big Bang, quando la temperatura dell’U era così alta da poter produrre una gran quantità di queste particelle.

Nei primi istanti le interazioni tra materia barionica (di cui stelle e galassie sono costituite) e la MO erano continue e uniformi.

Con l’espansione e il raffreddamento dell’U, la probabilità di interazione scende drasticamente, per cui materia ordinaria e MO interagiscono tra loro solo tramite l’attrazione gravitazionale.

Di che cosa è fatta la MO?

Molte ipotesi ma nessuna certezza: la teoria più accreditata è che sia formata da un genere di particelle a noi ancora sconosciute.

La MO viene classificata in barionica e non barionica a seconda della natura dei suoi candidati.

La MO barionica è composta da materia del tutto simile a quella che costituisce le stelle, i pianeti, la polvere interstellare…

BARIONI => particelle subatomiche composte, costituite da tre quark e soggette alla forza nucleare forte (es: protoni, neutroni).

Candidati per MO barionica.

  • Quando una stella come il Sole esaurisce il combustibile di H, finisce la sua vita come una nana bianca, per poi raffreddarsi fino a diventare bruna e poi nera.

Tuttavia, il tempo di raffreddamento per arrivare a essere una nana nera è migliaia di volte più lungo dell’età dell’Universo.

  • Altre stelle, di massa più grande, esplodono in una Supernova (SN) e loro nuclei formano stelle di neutroni o buchi neri; ma occorrerebbe che il 90% di tutte le stelle esplodessero in una SN per giustificare tutta la MO presente nell’Universo.
  • Esistono grandi pianeti, delle dimensioni di Giove, e anche un numero relativamente grande di “rocce“, come asteroidi, resti di stelle, meteoroidi, …

La massa totale della MO richiederebbe però un enorme numero di tali oggetti e poiché ne rileviamo pochissimi vicino a noi, si può presumere che non ne esistano molti anche negli aloni galattici di MO.

Candidati per MO non barionica.

La MO non barionica è suddivisa in: MO calda e MO fredda, in base alla velocità, relativistica (≈ c) o non relativistica, di queste particelle.

  • La MO calda è rappresentata dai neutrini, particelle con velocità ≈ c.

La scoperta che il neutrino ha una massa, anche se piccola, lo rende il candidato più probabile a rappresentare la MO calda.

il neutrino spiegherebbe però solo l’eccesso di massa degli ammassi galattici, ma non la velocità delle stelle periferiche delle galassie, perché muovendosi a velocità prossima a quella della luce, sfuggirebbe all’attrazione gravitazionale delle stesse.

  • La MO fredda è rappresentata dalle particelle WIMP (Weakly Interacting Massive Particles) particelle neutre, stabili, dotate di grande massa, composte da materia che interagisce debolmente con la materia ordinaria, quindi difficilmente rivelabili.

La teoria supersimmettrica (SUSY) ipotizza che per ogni particella elementare esista un gemello più pesante.  L’elemento più leggero di questa famiglia di particelle, il neutralino, è il candidato più probabile della MO fredda; per ora, tuttavia, non è stata trovata alcuna prova della sua esistenza.

  • MOND: Modified Newtonian Dynamics (Mordehai Milgrom 1981).

Prevede che per accelerazioni tipiche delle zone esterne delle galassie la legge di gravitazione universale di Newton debba essere modificata.

Nelle zone periferiche della VL l’attrazione newtoniana è diversa da quella che percepiamo su scala locale (es. sistema solare).

Le teorie MOND riescono però a giustificare solo le velocità di rotazione delle galassie, non le altre osservazioni.

Come possono essere rilevate le particelle di MO?

Tre tipi di esperimenti cercano di rivelare queste particelle:

1 – producendole in acceleratori di particelle (CERN).

2 – rilevando l’energia che dovrebbero rilasciare quando collidono con la materia ordinaria.

3 – individuando l’anomala presenza in particolari zone di grandi quantità di particelle di materia ordinaria (neutrini, positroni, antiprotoni…) prodotti dall’annichilazioni fra particelle e antiparticelle di MO presenti in tali zone.

1 – Nel LHC (Large Hadron Collider) del CERN, si cerca di ricreare le condizioni presenti nei primi istanti del Big Bang producendo artificialmente particelle attraverso la collisione di fasci di materia ordinaria a elevatissima energia.

Al momento attuale (2020) non è stata osservata alcuna nuova particella; gli esperimenti proseguono aumentando ancora di più l’energia di collisione.

2 – Rivelazione diretta delle WIMP – (recoil energy)

Questo metodo si basa sull’interazione elastica delle WIMP con i nuclei del rivelatore utilizzato.

Quando una WIMP attraversa il rivelatore, vi è una buona probabilità che urti un nucleo; l’energia di rinculo del nucleo ci dà una misura della grandezza della WIMP.

Varie tecniche sperimentali e diversi tipi di rivelatori sono utilizzati, in tutto il mondo, a tale scopo.

 

3 – Rivelazione indiretta delle WIMP

Questa tecnica è basata sulla misura del flusso di particelle secondarie, prodotte nell’annichilazione tra particelle e antiparticelle WIMP.

Le WIMP potrebbero interagire tra loro e, come le particelle di materia ordinaria, annichilirsi producendo particelle secondarie (neutrini, fotoni, antiprotoni, positroni…) possibilmente rilevabili da opportuni apparati sperimentali sulla Terra o nello spazio.

 

 

                  Mario Maiullari

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