Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: il datore di lavoro deve prima verificare la possibilità del ripescaggio del dipendente anche adibendolo a mansioni inferiori.
In caso di interventi di ristrutturazione dell’azienda che implichino la soppressione di alcuni posti di lavoro, prima di licenziare i dipendenti “inutili” il datore deve verificare se essi possano essere impiegati in mansioni equivalenti: quest’obbligo (non previsto da nessuna norma, ma di invenzione dei giudici) si chiama “repechage”, ossia ripescaggio.
Tuttavia, con una recente sentenza [1], la Cassazione ha adottato un’interpretazione ancora più allargata di tale principio (interpretazione che, invero, non trova molti precedenti nel passato della stessa Corte): il repechage deve avvenire non solo guardando alle mansioni equivalenti svolte dal dipendente, ma anche a quelle inferiori. Insomma, l’azienda, prima di mandare a casa il lavoratore, deve verificare non solo se può impiegarlo in attività di pari livello (e retribuzione) a quelle che prima svolgeva, sebbene in un settore diverso ancora in piedi, ma anche a mansioni di rango inferiore (e, quindi, con riduzione della retribuzione). E ciò a prescindere dalla richiesta fatta dallo stesso dipednente. Diversamente il licenziamento è nullo.
Il principio, contestato già da alcuni commentatori, finisce per fornire una tutela di gran lunga “allargata” ai lavoratori in caso di crisi e ristrutturazioni aziendali (il cosiddetto licenziamento per giustificato motivo oggettivo), bloccando di fatto l’organizzazione del lavoro del datore che, pure, è un principio cardine della libertà d’impresa e di iniziativa economica.
Fonte: http://www.laleggepertutti.it/105007_prima-di-licenziare-offerta-di-mansioni-inferiori-repechace-ampio#sthash.4dDCpHCU.dpuf