IL MIO CAPO E’ UN BASTARDO
Il mio capo è un bastardo
Come sopravvivere alla giungla del lavoro
Di Richard Maun Ed. Piemme, 2008
L’autore ha lavorato come business manager d’impresa e ora si occupa di formazione in Inghilterra. Come molti formatori, il suo stile può sembrare didascalico e provocatorio, ma, cionostante, questo testo contiene alcuni spunti che possono essere utili a coloro che si rivolgono a Risorsa. Egli identifica come capo colui che si trova in mano il potere di decidere il destino (almeno quello lavorativo) di una persona; quanto alla definizione di “bastardo” afferma che è concisa e, in fondo, le persone così si esprimono, anche se possono trovare un sinonimo più “politically correct” . Con ironia e senso pratico porta alcune testimonianze di chi è incappato in un capo “bastardo” ed afferma che è fondamentale “sapere cosa fare” perché reagire, anziché subire, può salvare una vita sul piano personale e su quello della salute. In quello che chiama “kit di sopravvivenza” per prima insegna a prendere consapevolezza per poi affrontare e risolvere posizioni conflittuali con il capo. Tra i numerosi capitoli delle oltre 200 pagine del libro, abbiamo scelto quello intitolato: “C’è tutto un mondo intorno”. In esso descrive 11 mosse che possono aiutare a vedere le cose da una prospettiva più oggettiva:
- Smettere di fare qualcosa che ci priva di energia (lavorare fino a tardi, brontolare, rimandare, evitare gratificazioni sostitutive). E’ la strada migliore per un nuovo futuro
- Andare a parlare con il capo: si inizierà col ricordare al capo i successi ottenuti, dei quali si è o finge di essersi dimenticato e, anche se non si otterranno risultati, sarà accelerato il processo di cambiamento
- Pianificare di andarsene, radicalmente, sbattendo la porta, ma mettendo prima le cose in ordine in famiglia, aggiornando il curriculum, guardandosi intorno con in mente il mantenimento o il miglioramento del reddito. Infine…le dimissioni!
- Aprire un’attività in proprio o ampliando la preparazione professionale. La prima è adatta a chi sa usare doti comunicative, la seconda a chi vuole rimanere nel mondo aziendale
- Rimanere al proprio posto in modo diverso, facendosi spostare in altro ufficio, cambiando mansione nello stesso posto o facendosi assegnare un progetto che dia soddisfazione
- Chiedere aiuto, proponendo una revisione mensile del proprio lavoro per migliorarlo e facendosi spiegare dal capo quali sono gli obiettivi e le motivazioni per raggiungerli
- Cercare sostegno esterno, se è difficile parlare col capo. Un mediatore cui potete esporre confidenzialmente i vostri problemi può ridurre il livello di stress
- Chiedere di essere messi in esubero volontario per andarsene, ottenendo contropartite (anche economiche) ma senza far credere che ci si vuole licenziare. Infatti, anche in caso di crisi aziendale, difficilmente i capi la manifestano, preferendo far ricadere le scelte di licenziamento sui dipendenti
- Presentare una lamentela al superiore più alto nella gerarchia, ma solo nel caso che ci siano valide ragioni, supportate da prove oggettive e ricordando che cercare di scalzare il capo è il motivo migliore per essere messi nella lista degli “indesiderabili”
- Non fare niente, limitandosi ad aspettare gli sviluppi della situazione, osservando ciò che succede intorno (all’interno o all’esterno ). In questo caso un atteggiamento passivo può diventare positivo.
- Tenere un diario, cioè mettere per iscritto ciò che accade, ma anche i sentimenti che si provano. E’ una valvola di sicurezza per scaricare tensioni, senza correggere ciò che si è scritto di getto. E’ un appagamento emotivo che aiuta a dissolvere la nebbia intorno e prenderdecisioni più ponderate