IO, DISABILE SENZA DIRITTI CANCELLATA DAL LAVORO
Così inizia la lettera inviata da una dipendente di una piccola cooperativa sociale al quotidiano Repubblica .
La persona racconta che la sua disabilità non era così grave da essere evidente a tutti per cui aveva scelto di non informare il datore di lavoro del suo stato, anzi, per 15 anni ha cercato di lavorare di più e meglio degli altri, per dimostrare a se stessa di potercela fare. Quando però la malattia si è aggravata si è resa necessaria la valutazione di idoneità alle mansioni svolte e il datore si è subito preoccupato di dire che non aveva altre mansioni cui adibire la lavoratrice, qualunque fosse stato il referto medico, mentre alcuni colleghi hanno fatto scattare gesti di solidarietà poco sentiti ma necessari. Dopo un anno di malattia e di preoccupazione, puntualmente, è arrivata la lettera di licenziamento per superamento del periodo di comporto, senza neppure un contatto personale per condividere le difficoltà circa un ricollocamento. Anche sindacati e avvocati hanno sentenziato che, in tali casi, il datore ha il diritto inappellabile di licenziare. Così, senza possibilità di ricorso, la lavoratrice si ritrova con lauree ed esperienza, ma vicina a quell’età in cui è difficile trovare un altro lavoro (ammesso che ci sia) e la sua amara conclusione è che i diritti di datori di lavoro insensibili valgono più di quelli di un disabile. Lo sfogo continua con la considerazione che i disabili vengono tirati in ballo quando c’è qualche raccolta fondi o, chi di loro è uno sportivo, eccelle come un normodotato, per poi dimenticarsene: così nel quotidiano non resta nulla ! Eppure esiste la legge 68/99 per le pari opportunità dei disabili, ma rimane sulla carta, come dimostra il caso concreto.
Noi di Risorsa vorremmo proprio conoscere questa bella persona, come chiunque altro si sia trovato in situazioni simili, per poter dar loro il nostro aiuto partecipe, anche solo con l’ascolto, per farle sentire meno sole…