DIALOGO INTORNO ALLE EMOZIONI
A CONTATTO CON LE EMOZIONI
Ci sono dei testi che sembrano lontani dai temi di cui si occupa l’Associazione Risorsa ma che, leggendoli, fanno riflettere su come le emozioni siano la fonte di tutti i nostri comportamenti, sia nel privato che sul lavoro. E’ il caso di: “A contatto con le emozioni” di Sandra Pentenero.
La d.ssa Sandra Pentenero, psicologa a Torino, si è formata in ospedali psichiatrici con Franco Basaglia a Gorizia e, come volontaria (quindi vicina al nostro mondo) allo Psichiatrico di Torino. E’, tra le altre molteplici attività, direttore della Scuola di Counseling “dr – dinamiche relazionali” e referente per il Piemonte della FAIP (Federazione Associazioni Italiane di Psicoterapia) per il settore Counseling. E’ autrice del libro: “A contatto con le emozioni”, edito nel 2012 dalla Libreria Editrice Psiche.
Di recente e quasi casualmente, si sono incontrati la d.ssa Pentenero e mio marito, Ferdinando Ciccopiedi, Segretario Generale di Risorsa, riscoprendo di essere stati compagni di liceo, quasi 50 anni fa. Naturalmente, dopo i ricordi di scuola, si sono messi a parlare dei loro percorsi professionali ed hanno scoperto di aver seguito strade diverse, ma che contengono punti in comune: sia la Psicologa, sia il Volontario che oggi, dopo aver lavorato in grandi aziende, si occupa di prevenzione del mobbing e del disagio sul lavoro, sono venuti “a contatto con le emozioni” della gente. In alcuni capitoli del libro, la psicologa descrive le stesse emozioni che il Volontario incontra nel quotidiano, ascoltando i problemi di lavoro di chi subisce mobbing o, semplicemente, disagio. Ne è nato un dialogo intorno ad alcuni capitoli del libro dove, a fronte della descrizione scientifica dell’una (che chiamo P) su una specifica emozione, l’altro (che chiamo C) risponde con i casi concreti capitati a lui e agli altri Volontari che, più direttamente, fanno parte dello Sportello di ascolto e orientamento di Risorsa e del suo gruppo di mutuo aiuto.Riporto quindi il loro dialogo sulle “emozioni”:
Cambiamento individuale:
P: l’individuo, di fronte al cambiamento, prova la paura di perdere qualcosa di faticosamente conquistato e lo vive come una minaccia. In realtà il cambiamento scuote l’adattamento della persona e gli chiede di cercare, in prima persona, altre forme di adattamento.
C: è quanto, consigliamo di fare a coloro che, in stato di disagio, ma con qualità professionali valide, potrebbero “cambiare lavoro”, una cosa cui dal loro interno, magari non avevano pensato…
Alienazione:
P: l’attitudine passiva di fronte alle difficoltà provoca un senso di estraneità al disagio e sentimenti di impotenza, aggravati dal giustificare la passività stessa. Vi sono tentativi di fuga e il rifiuto di mettersi in gioco, poiché il soggetto odia il suo problema che sente quasi estraneo. Così non riesce ad incidere su di esso e la frustrazione alimenta il suo stato di passività. In sostanza, non vede i problemi come un occasione di crescita.
C: anche la nostra Associazione ha trattato casi di questo tipo che, ben lontani dal concetto generale di alienazione del lavoro, di matrice marxiana, esprimono quelle problematiche individuali che sono le più diffuse nella società post-ideologica e così, anche noi consigliamo di considerare i problemi come occasioni di crescita.
Resistenza:
P: le resistenze sono espressioni di chiusura e rifiuto del dialogo su problemi che il soggetto non vuole mettere in discussione e neppure ammettere. Ma è proprio il dialogo che vince le resistenze e permette di rinnovarsi, ritrovando l’armonia.
C: questa dovrebbe essere, secondo noi, la chiave per risolvere conflitti tra colleghi, mentre nei confronti dei capi consigliamo spesso la “resilienza” parafrasi dalla più famosa frase:” mi spezzo, ma non mi piego” che, nel nostro caso diventa “mi piego, ma non mi spezzo!” In altri termini si tratta di opporre una resistenza attiva a situazioni di disagio, utilizzabile quando non vi sono altre possibilità di risoluzione dei conflitti e le vertenze legali appaiono ardue da affrontare
Identità e identificazione:
P: l’identità è l’idea che abbiamo di noi e che si andata costruendo grazie all’identificazione con l’ambiente circostante ed è questa che ci fa sentire inseriti in un ambiente, pur sentendoci distinti da questo. L’identificazione è la forza primaria che ci fa sentire uniti nella famiglia, ma anche in gruppo, come quello di lavoro e l’appartenenza ad esso ci fa sentire più forti.
C: dalla nostra esperienza abbiamo verificato che proprio quando l’identificazione viene a mancare a causa di vari tipi di emarginazioni, come il mobbing, anche l’identità ne soffre e la persona si sente abbandonata e allora cerchiamo di dare sostegno psicologico, sia al nostro interno, con il gruppo di mutuo aiuto, sia rivolgendosi a professionisti esterni
Rabbia:
P: è, insieme alla paura, una delle emozioni più frequenti nell’essere umano. Può essere vissuta come sintomo di frustrazione, ma anche come voglia di non rinunciare ed è importante nel processo di autoaffermazione. Troppo spesso le persone vorrebbero, forse sbagliando, soffocare la rabbia
C: accade spesso, nel nostro gruppo di mutuo aiuto, che i facilitatori invitino le persone ad esprimere la rabbia, raccontando le loro storie di frustrazione: l’empatia che si viene a creare nel gruppo è veramente un toccasana per chi non era mai stato capace di urlare la sua rabbia…
Vittimismo:
P: il vittimismo nasce da un’insoddisfazione tipica dell’età infantile, quando ci si aspetta di trovare nella vita cose buone e senza fatica; quando ci si accorge che così non è, il bambino, come l’adulto, si focalizzano sul senso di fatica che, a sua volta, crea impotenza di reagire, ma, allo stesso tempo, il crogiolarsi nel ruolo di vittima.
C: riteniamo che la rimozione degli atteggiamenti infantili che hanno condotto al vittimismo sia di stretta competenza delle terapie psicologiche ed è quanto noi ci limitiamo a consigliare a chi dice di essere una “vittima” anche prima che si scateni il vero e proprio mobbing: prevenire è meglio che curare!
Stima e autostima:
P: credere in ideali assoluti ostacola l’adattamento e lo sviluppo di potenzialità individuali: valutiamo così in modo incongruo noi e gli altri. Critiche e bisogni supervalutano la realtà e ciò annienta chi non ha stima di se stesso. Il giudizio di inadeguatezza è la forma più comune per dare risalto alle parti negative, omettendo quelle positive. Per contro, riconoscendo e valorizzando i limiti si sostiene l’autostima.
C: questa è la parola che più di frequente noi di Risorsa usiamo quando vogliamo ricostruire l’autostima delle persone, perché siamo convinti che ciascuna di esse sia una “risorsa” per la società
Patrizia Firinu – Collaboratrice Risorsa