UNA CITTA’ PER TUTTI. I VILLAGGI OPERAI DAL NORD EUROPA AL PIEMONTE
Fino al 23 giugno p.v a Torino a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio Regionale, è possibile visitare una piccola, ma significativa mostra dedicata ai villaggi operai che, a partire da fine ottocento, vennero costruiti a Torino, nella prima cintura e a Ivrea e che costituirono un esempio, non solo di architettura industriale, ma anche di storia economica, sociale e culturale del nostro paese.
“Il villaggio per gli operai, costruito intorno alla fabbrica e progettato dagli “architetti igienisti” e “ingegneri salubristi” risponde ad una visione utopistica, ma anche utilitaristica, del rapporto tra lavoratori e industria. Soprattutto in Italia, dove l’industrializzazione arriva in ritardo rispetto al resto d’Europa, i lavoratori delle nuove fabbriche non hanno tutele, orario di lavoro massacrante, lavoro minorile a partiree dai 10 anni, nessuna protezione in caso di malattia e invalidità” scrive Alba Zanini nel catalogo della rassegna.
Nel 1865, anno dell’appello rivolto dal Comune di Torino agli industriali affinchè venissero ad investire nel nostro territorio, arrivarono in Piemonte numerosi imprenditori stranieri dalla Svizzera, dalla Germania e dal Belgio che introdussero nuovi metodi di produzione, ma anche un diverso modello di integrazione tra fabbrica, territorio e comunità, oltrechè una visione innovativa del rapporto tra proprietari e lavoratori. Naturalmente l’obiettivo è sempre stato quello di ottenere una migliore produttività aziendale contenendo i conflitti, ma l’etica della responsabilità sociale, allora diffusa presso le classi dirigenti, impegnò gli imprenditori a migliorare le condizioni di vita dei loro lavoratori e a garantire la crescita culturale dei dipendenti che vivevano intorno alla fabbrica.
L’ esposizione è articolata in tre sezioni.
La prima illustra i villaggi operai sorti nella seconda metà dell’ottocento e l’inizio del novecento in Francia, in Belgio, in Germania il e in Inghilterra facendo specifico riferimento a quelli italiani più significativi quali: il lanificio Rossi di Schio nel Veneto, il villaggio di Crespi d’Adda in Lombardia, oggi patrimonio Unesco, e il villaggio Leumann a Collegno, tutti operanti nel settore tessile nel periodo del suo massimo apogeo.
La seconda sezione è interamente dedicata ad illustrare la nascita e lo sviluppo del villaggio Leumann che ha rappresentato il superamento del modello paternalistico, assumendo una connotazione di carattere più filantropico, nel senso di non ricreare all’esterno della fabbrica i ruoli assegnati nell’ambito del lavoro.
Progettato da Piero Fenoglio “architetto salubrista” ospitava un migliaio di persone. La struttura comprendeva 59 villini e case multifamiliari per un totale di 1200 appartamenti.
Nella terza sezione sono presentate le immagini degli altri villaggi operai piemontesi come Gutermann a Perosa Argentina, Abegg a Borgone di Susa, SKF a Villar Perosa, Snia a Torino, Farmitalia a Settimo ecc.
Ma un posto a sé occupa ovviamente il progetto Olivetti di Ivrea, avviato da Camillo, ampliato e realizzato dal figlio Adriano. Ad integrazione delle confortevoli abitazioni progettate da famosi architetti dell’epoca, i dipendenti avevano a disposizione anche mense, biblioteche, ambulatori medici, scuole, asili nido, colonie e molte opportunità di crescita e approfondimento culturale.
Mentre il credo di Napoleone Leumann era “chi meglio sta, meno si ribella” per Adriano Olivetti “La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve restituire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica….Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno ildoppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza”.
Sembrano passati mille anni da questa visione dell’uomo come risorsa preziosa per fare crescere l’impresa: oggi la persona è considerata esclusivamente come un costo e in quanto tale da sfruttare, umiliare e accantonare senza tanti problemi.
La mostra è costituita da materiali originali quali: fotografie d’ epoca, progetti architettonici, stampe, lettere, documentazione varia. Ad integrazione dell’insieme è possibile visionare dei filmati.
Luisa Marucco