CONVEGNO: RICONOSCERE E CURARE L’ANSIA E IL PANICO
Il convegno a cura dell’Associazione per la Ricerca sulla Depressione: http://www.depressione-ansia.it si è svolto il 28/10/17 presso il Circolo dei Lettori di Torino, con la presenza di oltre 200 persone, a testimonianza di cui questi mali del nostro tempo siano diffusi. Un nostro Volontario vi ha partecipato poiché ansia e panico sono sintomi che si presentano o hanno origine anche sul luogo di lavoro a causa di mobbing o disagio e parlarne sul nostro sito speriamo possa essere di aiuto. Fedeli alla regola di non citare i nomi dei relatori, ma solo i contenuti, ecco una breve sintesi, rimandando altre notizie e video su FB, you tube, e-book dell’Associazione o alla lettura del volume: “Riconoscere e curare l’ansia e il panico”, distribuito nel convegno e a disposizione in consultazione a quanti ce ne facciano richiesta.
Vengono, in un primo intervento, definiti i significati di paura e di ansia: sono entrambe emozioni che comportano reazioni a minacce. Ma mentre la paura si manifesta di fronte a fatti fisici e pericoli reali esterni, l’ansia è un pericolo percepito all’interno della persona. Provocano disturbi fisici, cognitivi e comportamentali: i primi interessano il sistema nervoso con conseguente pressione alta, tachicardia, sudorazione; i secondi si riferiscono all’auto-valutazione del soggetto, che tende ad essere negativa; infine i disturbi comportamentali si concretizzano nel cercare vie di fuga dal pericolo. Le reazioni alla paura si possono considerare fisiologiche e contengono anche aspetti positivi poiché provocano risposte agli attacchi e comunicano ad altri stati di pericolo. Ma anche l’ansia ha aspetti non del tutto negativi e costruttivi, poiché può prevenire minacce future. L’ansia tuttavia diviene patologica quando si percepisce uno stato di pericolo continuo e quindi non più legato ad emozioni momentanee. Il vissuto provoca un senso di vergogna e solitudine, non si comprende più la realtà dei fatti e si hanno atteggiamenti ossessivo-compulsivi. Si distinguono poi temperamento e carattere: il primo è innato e si manifesta con l’umore che può predisporre a interpretazioni positive o negative del reale; il secondo è dato da ciò che si acquisisce nell’ambiente. La somma dei 2 elementi è la personalità, con stadi diversi a seconda dell’età: i bambini ansiosi sono introversi, gli adolescenti timidi e impacciati, gli adulti sono preoccupati e timorosi di eventi futuri, così che manca loro un adattamento alle situazioni della vita. Si può concludere che non è il temperamento, ma la relazione con persone e situazioni ad incidere sulla qualità della vita di un soggetto ansioso. Un secondo intervento spiega la differenza tra ansia e attacchi di panico. L’ansia si manifesta nel quotidiano suscitando continuo senso di apprensione e impotenza, quindi fattori emotivi a crescita lenta e anticipatori di eventi futuri, per cui si ricerca spesso l’appoggio di persone di fiducia. L’attacco di panico si manifesta in pochi minuti e origina disturbi fisici (terrore, confusione, palpitazioni, vertigini) , tutti sintomi di “evitamento” del pericolo che si esauriscono in pochi minuti, ma che possono poi sfociare nell’ipocondria. L’ansia generale (acronimo GAD) è una somatizzazione di disturbi emotivi (gastroenteriti, disturbi del sonno, cefalee, ma anche perdita di memoria, concentrazione, funzioni cognitive, depersonalizzazione (comportamento per cui ci si allontana da un gruppo o se ne richiede la collaborazione): si cura con ansiolitici, anche se l’aspetto farmacologico di visite mediche specialistiche non risale alle cause del disturbo e comunque occorre un periodo continuato di 6 mesi per riconoscerla come tale. Anche se vi è una predisposizione, l’ansia insorge in età giovanile (16-20 anni), ma non limita ancora la qualità della vita, se non con il rifiuto di assumere maggiori responsabilità. Si ripresenta poi a fasi alterne e protratte nel tempo e allora può provocare alcolismo, iperfagia e disturbi psicosomatici in genere. L’attacco di panico (acronimo DAP) è dato da disturbi reali collegati ad un vissuto come: senso di soffocamento, nausea, dolori al petto, vampate di calore e talvolta il soggetto si presenta direttamente al pronto soccorso ospedaliero. L’esordio è in età leggermente superiore all’ansia (18-25 anni) e può essere collegato al periodo di inserimento al lavoro con uno stato di disagio poco definito. In entrambi i casi la terapia farmacologica può essere affiancata da quella psicologica, più attenta alle cause che originano i disturbi, alla risoluzione di conflitti e alle proposte di cambio di stili di vita. Come poi approfondito nel terzo intervento, se l’ansia è di poco conto, pare sufficiente la terapia psicologica; se invece è rilevante e interferisce con la qualità di vita, occorre combinare terapie farmacologiche e psicologiche. Per quanto riguarda l’insorgenza, ribadito che un comportamento ansioso è costituzionale e che nell’adolescenza si manifesta con ipersensibilità, sfocia poi in età adulta nella preoccupazione per eventi negativi o per preoccupazioni anche positive, come quando si tende a essere precisi e ordinati per ottenere valutazioni positive dagli altri. E’ questo il caso dello stress (spesso lavorativo), cioè ad un mancato processo di adattamento a sollecitazioni esterne. Tale processo si collega all’energia psichica che tutti abbiamo e che viene diminuita quando si presentano eventi che disequilibrano il rapporto stress/energia psichica. Segue poi la distinzione tra ansiolitici e antidepressivi: i primi, da soli, sono utili solo nella fase acuta, ma non come prevenzione, per cui bisogna associarli ad antidepressivi (da sospendere appena possibile), ma utili per l’aumento di serotonina, responsabile di maggiore o minore energia psichica, attraverso lo scambio tra miliardi di neuroni trasmettitori e recettori e l’impedimento alla ricaptazione nelle cellule di origine, ma mantenendo la serotonina in uno spazio intermedio, dove si forma energia psichica. Ecco perché prima di sospendere la terapia è necessario attendere 3-4 settimane.