MOBBING E RISARCIMENTO DEL DANNO
Anche senza esplicita richiesta del dipendente, il giudice che esclude il mobbing deve valutare se le singole condotte del datore sono illecite.
Non è facile vincere una causa di mobbing. Lo sanno bene gli avvocati che spesso, ai propri clienti in contrasto con l’azienda, consigliano la via più breve di un’azione di risarcimento del danno per condotta illecita. La difficoltà nell’avviare una causa per mobbing sta nella necessità di dimostrare uno specifico intento persecutorio volto a umiliare ed emarginare il dipendente o a portarlo a dimettersi. Insomma, il mobbing richiede un fine ulteriore rispetto al singolo atto, fine che deve essere protratto nel tempo, deve aver partorito una serie di comportamenti e che, perciò, è difficilmente dimostrabile. In una parola, il mobbing è persecuzione. Anche se non c’è mobbing, tuttavia, il datore di lavoro che sbaglia deve risarcire il dipendente. L’assenza di mobbing, infatti, non esclude la possibilità che il giudice ravvisi comunque un illecito nella condotta del datore di lavoro. A ricordarlo è una recente sentenza della Cassazione. Non è mobbing, ad esempio, il trasferimento ritorsivo che pure è un atto illecito: spostare il dipendente da una sede a un’altra senza che ve ne sia necessità è un comportamento vietato dalla legge. Allo stesso tempo, non è mobbing adibire il dipendente a compiti mortificanti e di livello più basso per il quale è stato assunto: in tal caso si parla di demansionamento, che comunque è un illecito che dà diritto al risarcimento del danno economico e morale. Ed ancora, è vietato negare ferie senza una specifica ragione legata alla produzione. Il datore di lavoro ha sempre un potere di sanzionare le condotte dei dipendenti, richiamandoli anche verbalmente: la sgridata, insomma, è del tutto lecita, ma se supera i confini del necessario, ricadendo in una ingiuria o, peggio, in una minaccia è un atto che può essere passibile di querela ai carabinieri. La stessa modifica dell’orario di lavoro se non concertata con la parte è vietata ma non è mobbing. Non in ultimo c’è lo straining, consistente in una forma di mobbing attenuato, riconosciuto in favore di un dipendente vittima di comportamenti ostili e lesivi della sua integrità psicofisica e personalità morale da parte del datore; la differenza rispetto al mobbing è che qui le condotte vessatorie sono sporadiche e non continuative.
Fonte:l a redazione di : La legge è uguale per tutti, febbraio 2017