MOBBING E MOLESTIE SUL LAVORO DANNOSI PER IL CUORE
Gli anglosassoni lo chiamano workplace bullying, bullismo sul posto di lavoro, noi lo chiamiamo mobbing, mutuando sempre un termine inglese, il verbo to mob, che significa attaccare. In ogni caso il risultato è lo stesso: i lavoratori che subiscono comportamenti vessatori da parte di superiori o colleghi corrono un rischio maggiore di andare incontro a malattie cardiovascolari, infarto e ictus per intenderci. Un rischio aumentato del 5 per cento rispetto a chi vive una vita lavorativa tranquilla, stando ai risultati di un interessante studio pubblicato su una rivista di tutto rispetto, l’European Heart Journal. La ricerca, condotta su quasi 80 mila lavoratori, uomini e donne, in Svezia e Danimarca, ha valutato, attraverso un questionario, l’esposizione a situazioni di disagio, rilevando che dall’8 al 13 per cento delle persone, coinvolte nello studio, ha segnalato di essere stato vittima di mobbing e il 13 per cento addirittura di violenze. I ricercatori hanno, poi, confrontato le risposte ai questionari con le storie cliniche dei partecipanti allo studio, in un arco di tempo di una dozzina di anni, e, grazie a complesse analisi statistiche, hanno rilevato che esiste, appunto, un maggior rischio cardiovascolare per chi subisce intimidazioni al lavoro: del 5 per cento, come si diceva, per le vittime di mobbing, e del 3,1 per cento per chi è oggetto di violenze fisiche vere e proprie. Tutto questo a prescindere da altri fattori, legati, per esempio, alla vita personale o al livello di istruzione o all’età o al sesso delle persone.
E’ una prova in più, quella documentata dagli autori dello studio (danesi, svedesi, finlandesi, inglesi e cinesi di diverse istituzioni e università), a proposito dei danni da mobbing, rispetto a quanto già si sapeva. E cioè che certi disagi lavorativi sono associati a un aumento di rischio di diabete, oltre che di perdita di autostima e di capacità di reagire a situazioni stressanti, di ansia e depressione (che ha un’incidenza tre volte maggiore nelle persone costrette a lavorare in un ambiente ostile).
Aggressione psicologica e depressione
Ma come mai il mobbing aumenta il rischio cardiovascolare? Probabilmente la ragione sta proprio nel fatto che costituisce un fattore di stress, provoca emozioni negative, aumenta i livelli di ansia e favorisce la depressione, induce a mangiare in eccesso e a bere più alcolici, tutte condizioni note per aumentare la probabilità di andare incontro a malattie cardiovascolari. Una domanda a questo punto. Che cosa considerare mobbing e violenza in ambiente di lavoro? Anche se lo studio non lo precisa, è comunque possibile puntualizzare alcuni aspetti. Il mobbing si configura come un’aggressione psicologica che, però, deve durare nel tempo e vuole creare difficoltà a una persona nel suo ambiente lavorativo. Ecco allora quali possono essere le azioni negative tipiche del mobbing: per esempio il demansionamento. E poi l’isolamento sociale e gli attacchi alla vita privata. Ancora: i pettegolezzi e le aggressioni verbali per finire con la violenza fisica. Per non parlare delle molestie sessuali. Lo studio, pubblicato sull’European Heart Journal, ha qualche criticità e merita approfondimenti, anche perché è stato condotto nel contesto culturale del Nord Europa. Ma se dovesse essere confermato il fatto che il mobbing aumenta del 5 per cento il rischio di malattie cardiovascolari, andrebbe da sé che combattendo il bullismo sul posto di lavoro si potrebbe ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, appunto del 5 per cento.
Gli accordi e gli sconti in Italia
Il problema, in ogni caso, esiste ed è stato recepito anche nel nostro Paese. Un accordo quadro, firmato da Confindustria e da alcune sigle sindacali (Cgl, Cisl e Uil) nel 2016, ne ha preso atto. Condanna ogni atto o comportamento che si configuri come molestie ( che possono essere di natura fisica, psicologica o sessuale) o violenze nei luoghi di lavoro, ne sollecita la denuncia e invita le aziende e i datori di lavoro a mettere in atto tutti quei provvedimenti che garantiscano il rispetto della dignità dei lavoratori, che aumentino la consapevolezza su questo fenomeno e che siano utili a combatterlo. Ma c’è di più, almeno nelle intenzioni.
L’Inail, l’Istituto Nazionale per l’Assistenza Infortuni sul Lavoro, ha preso in considerazione il fatto di ridurre i premi assicurativi alle aziende che promuovono iniziative per arginare il fenomeno del mobbing e delle violenze sul posto di lavoro. La normativa ultima (del 2018) prevede che l’azienda attui progetti formativi o informativi di sensibilizzazione dei lavoratori sulle molestie e le violenze nei luoghi di lavoro, si renda disponibile a gestire eventuali situazioni critiche e assicuri un’assistenza psicologica e legale a chi sia stato vittima di molestie o violenze sui luoghi di lavoro. Come dire che i danni da mobbing sono considerati “infortuni sul lavoro” e vanno prevenuti. Adesso si aspetta di sapere in quanti hanno aderito a questa iniziativa.
Fonte: Corriere della sera ventisettesima ora di Adriana Bazzi 1/2/19