LO SCOPPIO DELLA POLVERIERA DI VOLPIANO
LO SCOPPIO DELLA POLVERIERA – Volpiano 3 febbraio 1945
Alcuni mesi fa Franco Rolando mi chiese, quasi a bruciapelo, “Non mi sai dire niente dello scoppio della polveriera in Vauda avvenuto durante la guerra?” Da questo interrogativo sono partito per cercare ulteriori informazioni su un evento, avvenuto durante la seconda guerra mondiale, di cui ero a conoscenza ma che non avevo mai approfondito.
È iniziata così la necessità di approfondire l’argomento per capire qual era il luogo dove si trovava, in Vauda, la polveriera, la data del tragico evento e le sue conseguenze.
Sulla località l’unica cosa certa era che si trovava in Vauda e faceva parte del demanio militare.
Un primo indizio: in un documento d’archivio dei primi del novecento, “Registro catasto fabbricati per le vie e nel territorio di Volpiano”, in “case sparse in Regione Vauda” appare – Fornace laterizi – Vauda – Demanio Militare – Polveriera – Ufficio Corpo di guardia. Ecco trovato il posto, Rolando su questo punto era stato molto preciso: “Esistono ancora dei ruderi della polveriera, si tratta di un cumulo di macerie, coperte da vegetazione, vicino al percorso lungo della Bric e Valun”.
Percorrendo la strada della Vauda in direzione di Lombardore, dopo la Fornace Parigi, al termine del terreno recintato, girando sulla destra sul sentiero n. 8 (sentiero dei polli) che si collega con via Ronchi, subito all’incrocio ci sono i ruderi della casermetta- posto di guardia, dopo circa cento metri si trova sulla sinistra questo cumulo con al suo interno ruderi di muri. Evidentemente faceva parte del demanio militare, come i terreni circostanti, fino a quando non venne abbandonato c’era un corpo di guardia. Data la presenza di molti camminatori si potrebbe segnalarne la presenza con apposita cartellonistica. Non si sono trovate notizie sufficienti per stabilire la data di abbandono della polveriera da parte del demanio militare, se prima o durante la guerra (la data ufficiale di abbandono può trovarsi solo all’archivio militare o in quello dei Carabinieri).
Secondo testimonianze orali (Giovanni Gallo ), la polveriera era stata abbandonata dopo l’otto settembre del 43, nel marasma generale di quei giorni, la fuga dei soldati dai presidi militari, il TUTTI A CASA, riguardò anche la polveriera di Volpiano.
Prima dello scoppio erano diversi mesi che si andava alla polveriera a recuperare materiale, si prendeva di tutto, anche casse di polvere nera (esplosivo). Una parte di questa polvere veniva poi custodita in damigiane. La testimonianza fa riferimento anche all’uso di questa polvere nera: essa era utilizzata per far saltare i ceppi, le radici delle piante, in modo da poterle utilizzare per il riscaldamento delle case; chi lavorava come aiutante al taglio dei boschi, veniva molte volte pagato in natura, cioè con le fascine e con i suc (ceppi). Altro uso della polvere nera era quello per la pesca.
Da questa ricostruzione dei fatti appare verosimile che la polveriera sia stata abbandonata con ancora depositato al suo interno del materiale esplosivo, con una fuga precipitosa dei militari addetti alla sua custodia, lasciandola cosi incustodita. Probabilmente non era più un presidio importate, o per la sua ubicazione, o per il materiale depositato, e quindi non era meritevole di occupazione da parte dei tedeschi, anche se era di una certa dimensione con annessa casermetta di custodia.
Trovata l’ubicazione si trattava di stabilire la data dello scoppio; alcuni parlavano di prima del 25 luglio 43, altri invece di dopo. Anche su questo c’erano ricordi vaghi ma parlandone Mario Amateis mi disse “Mi faccio dire da mia zia la data perché due suoi fratelli morirono in quello scoppio”.
Lo scoppio della polveriera avvenne sabato 3 febbraio 1945 alle ore 10; il botto venne sentito anche a Volpiano, pur essendo il centro distante più di 5 Km. Il numero delle persone presenti allo scoppio era certamente superiore alla trentina. Vi furono sei morti e almeno una ventina di feriti di cui diversi gravi.
I morti sono stati:
Amateis Ernesto di anni 20 contadino,
Amateis Severino di anni 21 contadino fratello,
Defilippi Giuseppe di anni 40 imboscatore, marito di Guglielmino Irene,
Viola Giuseppe di anni 22
Balestra Domenico di anni 29 operaio, nato a Carmagnola, residente a Carmagnola, sfollato a Volpiano
Gillio Amerigo di anni 55 operaio nato a Cavaglià, residente a Torino, marito di Viola Rosa, sfollato a Volpiano
Di quel tragico fatto esiste l’annotazione dei morti sull’apposito registro del comune di Volpiano, altro non si sa, riportiamo qui alcuni ricordi e una memoria scritta.
Nel periodo interessato era di stanza a Volpiano un presidio della Folgore che era sistemato nella via Castello, subito sopra la piazza. Occupava i locali della caserma vicino alla scuola ed anche quelli della sede dell’associazione di Azione Cattolica S. Guglielmo e il cinema parrocchiale e la cosiddetta Casa del Popolo. Il presidio era separato dalla piazza da dei reticolati.
Cosa facevano in quel posto, la polveriera, un così nutrito numero di uomini quel sabato di febbraio, sulla Vauda coperta di neve, al confine con Leini e Lombardore, su un terreno destinato, fino a qualche anno prima, a polveriera con un ufficio corpo di guardia?
La polveriera era abbandonata, ma erano rimasti molti residui, dall’ufficio di guardia alla copertura, agli armadi ai tramezzi… quindi molto materiale soprattutto legno, ferro, ma anche residui di polvere, esplosivo, gelatina e quant’altro era rimasto lì depositato. La polveriera era diventata una risorsa da sfruttare. Tutte quelle persone erano andate nella zona per recuperare assi, travi, pilastri sia in legno che in ferro; il legno per utilizzarlo per il riscaldamento, il ferro per venderlo e recuperare qualche soldo per sopravvivere alla vita grama. I viveri erano razionati ed era davvero difficile per chi non avesse una minima paga e non potesse usufruire dei prodotti della terra (mais, grano, fagioli, patate, cavoli, zucche, uova, pollame, salami ecc.) tirare avanti la vita. L’inverno del 1944 fu particolarmente freddo la neve rimaneva per molto tempo sul terreno, le case non erano riscaldate se non la cucina con il potager e la stalla con il calore animale. Quindi ogni occasione era buona per cercare di racimolare qualcosa. essendoci del legname, del ferro e altre cose. Il fatto che poi non fosse custodita, fu un motivo sufficiente per cercare in quel luogo qualcosa per sopravvivere. Per tutto l’anno 1944 la polveriera incustodita ed abbandonata era diventata un posto dove trovare della roba, dalla polvere nera alla legna, al ferro, al materiale (brandine, armadi, stufe, cucina) che faceva parte della casermetta del corpo di guardia.
Ancora nel dopo guerra nel caso della trasformazione edilizia di una tettoia il proprietario venne invitato, prima di iniziare i lavori, a scavare con attenzione a fianco di un pilastro perché li si trovava una damigianina piena di polvere nera.
In questa ricerca di materiale non venivano certo rispettate anche quelle minime cautele necessarie per quel luogo, qualcuno disse che si fumava! Certo la sicurezza non era un problema in quella realtà cosi disastrosa come la guerra. Sta di fatto che ci fu lo scoppio con morti e feriti.
Volpiano allora aveva circa cinquemila abitanti ai quali si devono aggiungere circa tremila cinquecento sfollati.
Altra cosa da chiarire, a Volpiano c’erano ex-soldati che dopo l’otto settembre erano tornati a casa, si erano nascosti, non avevano aderito alla Repubblica di Salò, non erano andati con le bande partigiane, erano dei renitenti che non aveva aderito al Bando Graziani. Alcuni di questi giovani erano presenti, insieme ad alcuni sfollati, allo scoppio della polveriera. Una cosa non è chiara Mistero: il comando e il presidio della Folgore di Volpiano nulla sapeva, aveva un così scarso controllo del territorio? era solo dedito a scorribande nei paesi vicini per partecipare alle perlustrazioni, ai rastrellamenti, era occupato a torturare i prigionieri, a fare razzie.
Una persona, che allora aveva quindici anni ed era presente nella zona, si trovava alla distanza di 50 /60 m. dalla polveriera stessa nel momento dello scoppio venne scaraventato a terra dall’onda d’urto. Lo scoppio venne sentito a chilometri di distanza e diverse persone ancora in vita se lo ricordano.
Quell’inverno è stato particolarmente rigido, ai primi di febbraio c’era neve, faceva freddo, racconta un’altra persona che allora aveva circa 9 anni, e ricorda che con la mamma stava andando in via Ciriè verso la cascina della Musica quando ha sentito un gran botto, e ricorda anche che in quel periodo si diceva che ogni tanto qualche stufa saltasse in aria. Questo era dovuto al fatto che il legname proveniente dalla polveriera era impregnato di frammenti di materiale esplosivo. Le gravi difficoltà di quel periodo si cercava di superarle anche a scapito della propria incolumità.
Abbiamo sul fatto anche una memoria difensiva scritta dal Maresciallo De Marco che era di stanza presso il presidio della Folgore di Volpiano. Condannato dopo la guerra in primo grado a 28 anni di carcere, in questa memoria difensiva del De Marco fa riferimento alla Polveriera.
“… Un giorno avviene lo scoppio della Polveriera per Bosconero (nei pressi di Volpiano). In quell’occasione più di 20 furono ricoverati all’Ospedale civile di Volpiano in gravissime condizioni. La madre Superiora di quell’Istituto essendo sprovvista di zucchero, si rivolse al capitano Capuzzo, il quale diede ordine di consegnare al suddetto Ospedale lo zucchero sequestrato al Benetello, dovendo servire per i feriti più gravi. L’ordine fu eseguito ed il versamento ebbe conferma dalla regolare ricevuta rilasciata dalla Madre Superiora di quelle suore. Senonché il giorno successivo si presentò al comando del Presidio, il cognato del Benetello provata la verità delle sue espressioni rispetto al materiale sequestrato gli venne il tutto restituito alla presenza del Benetello eccezion fatta naturalmente dello zucchero ceduto per cause eccezionali al predetto ospedale poiché era contingentato.”
UN’ALTRA VITTIMA A CAUSA DI SCOPPIO DI MATERIALE BELLICO 17 marzo 1945 (informazione avuta da Paolo Ferrero Merlino)
Nello stesso periodoci fu un’altra vittima per lo scoppio di materiale esplosivo. Questo materiale era stato trafugato dal deposito munizioni in un carro merci fermo sul binario morto dove adesso c’è palazzo Mossetto(Via Novara).
“AMATERIS FRANCESCO di anni 12 morto il 17-3-1945 ; morte causata dallo scoppio di materiale bellico (forse polvere nera) abitante in via Trieste angolo via Cesare Battisti ad alcune decine di metri dal carro ferroviario fermo sul binario morto”.
Lo scoppio avvenne, probabilmente, usando il materiale bellico per pescare. Girava con amici, suoi coetanei, tra cui Davico morto alcuni anni fa che abitava in via Molino a destra prima della rotonda (ha vissuto gli ultimi anni in carrozzella in quanto aveva entrambe le gambe amputate, non per questo incidente). Ancora dopo la guerra c’era a Volpiano materiale bellico (tipo balestite) che veniva utilizzato dalle bande dei giovani che operarono per alcuni anni e ci furono feriti a causa di scoppi , ma per fortuna senza più morti.
A proposito delle razzie, fatte da militi del presidio della Folgore di Volpiano, dal 6 al 7 dicembre 1944 presso la cascina Verdina venne tenuta in ostaggio, con minacce di morte, la famiglia Tedoldi fino a quando non riuscirono ad impossessarsi di molte cose , oro, orologi, galline, anatre, tacchini, oche, liquori, soldi, ecc. tutto quanto trovarono. La famiglia fu stata segregata per oltre 24 ore, minacciata, la loro liberazione avvenne solo grazie all’intervento di una persona molto influente.
Ci furono anche altre razzie come quella del bestiame portato alla stazione ferroviaria e liberato da un’incursione partigiana. “Il 17 giugno 1944 a Volpiano viene radunato il bestiame per odine delle autorità fasciste. Dei capi precettati ne vengono portati una trentina o poco più. Sopraggiungono i partigiani che impediscono di caricare il bestiame e se ne impossessano; i fascisti se ne vanno lasciando ai partigiani bestiame, armi e un paio di camion. Tra le bestie però c’è un toro nero infuriato che fa scappare tutti, Piero deve abbatterlo con una raffica di mitra, il resto del bestiame viene lasciato libero, qualche civile se ne impossessa. Le bestie spariscono in fretta e fanno sicuramente la gioia di più cittadini. L’azione avviene nella piazza vicino alla stazione ferroviaria ed il toro venne abbattuto all’imbocco della strada che porta a S. Benigno” (dal libro Piero Piero: autobiografia di un protagonista della guerra partigiana, 1943-1945 / Piero Urati ; a cura di Rosanna Tappero. – Aosta : Le château, [2005]. )
Al presidio della polveriera fino al marzo del 1943 c’era il carabiniere Otello Rossetti, in seguito trasferito in Liguria.
Le foto dei militari presso il campo di Lombardore e di Otello Rossetti sono state gentilmente fornite dal figlio Luciano.