NUOVI LAVORI, NUOVI RISCHI. LA TUTELA DELLA SALUTE AL LAVORO C’E’ ANCORA ?
L’impressione è che la tutela della salute sui luoghi di lavoro sia un argomento, per così dire, fuori moda o, al massimo, da ricordare una volta all’anno, quando l’INAIL pubblica le sue statistiche. Tocca farlo, tanto poi la giornata passa e tutto resta come prima. Errore. Tutto non resta come prima, inevitabilmente evolve, cambia, si modifica, in meglio o in peggio lo si saprà a posteriori, certamente però, per dirla alla Lucio Dalla, …..ci sarà una trasformazione. Come mai l’argomento non è più tra quelli che scaldano i cuori? Forse, nel comune sentire, il problema della tutela della salute sui luoghi di lavoro è, se non proprio in via di estinzione, in forte affievolimento perché si riducono sempre più i classici lavori dell’industria fordista, la vecchia fabbrica, e nascono nuovi lavori legati all’impalpabile mondo dell’informatica, di Internet, del Web, dei social media. Avete mai sentito di un progettista di siti web che abbia perso due dita scrivendo alla tastiera? O di un community manager (si chiama così chi modera i commenti degli utenti di un blog o di un sito) che sia stato picchiato on line da utenti infuriati? I nuovi lavori pare non comportino rischi per la salute, almeno di tipo traumatico, cioè quelli preferiti dalla cronaca nera. E poi molti di questi lavori li fai comodamente da casa tua: un posto tranquillo. Il più tranquillo. Forse, ma se ogni anno ci sono circa 4,5 milioni di incidenti domestici con ottomila morti qualche dubbio è lecito averlo. Più aumentano i lavori a domicilio, più aumenteranno gli incidenti domestici? Tra le cause alla base degli incidenti domestici vi sono, ad esempio, le caratteristiche dell’abitazione, il suo stato di manutenzione, fattori strettamente collegati al reddito di chi le abita e di chi le utilizza anche per lavoro…….. E ancora: il nuovo mondo del lavoro ci ha regalato anche la cosiddetta GIG economy ovvero l’opportunità, si fa per dire, offerta dalle app e dalle piattaforme dedicate di lavorare on demand, sostanzialmente come liberi professionisti. E molti di coloro che si adattano a questi lavori non vogliono diventare dipendenti. Alcuni esempi? portare pizze o altro a domicilio, fare il taxista (Uber) o la babysitter, o ancora fare le pulizie e portare le chiavi negli airbnb. Nella GIG economy i problemi di sicurezza della salute sono stati brillantemente risolti abolendo il vincolo di subordinazione e ponendo in capo al soggetto che espleta la prestazione lavorativa tutti i rischi. Ma, attenzione, ponendoli contemporaneamente anche in capo a chi usufruisce del servizio o magari si trova nei paraggi. Come? Il ragazzo, ma l’età non conta, che ti porta le pizze a casa, utilizza la sua bicicletta: più consegna e più guadagna. E’ un cottimista. Per guadagnare di più non deve sottilizzare troppo sul codice della strada. E’ un rischio che corre lui, ma che fa correre anche ad automobilisti o pedoni che si trovano sulla sua strada. E assicurato? Certamente no. La babysitter che la piattaforma ti manda a casa è iscritta all’ INAIL? Giurerei di no. Ha una assicurazione propria sui danni che può causarti? Forse le costerebbe più di quello che ricava dal suo lavoro. Un terzo circa dei corrieri che per conto delle PPTT consegnano pacchi sono “padroncini”, ovvero non sono dipendenti delle Poste italiane. Anche loro, più vanno veloci e più guadagnano. Se poi il loro mezzo è assicurato o revisionato alle PPTT non interessa. Ma alla salute, loro e nostra, invece interessa. Tutte queste forme di lavoro apparentemente autonome faranno bene sicuramente alle statistiche perché ridurranno il numero degli infortuni e delle malattie professionali denunciate all’INAIL, ma perché? Perché nessuno è iscritto e nessuno li denuncerà :farlo significherebbe perdere il lavoro. La stessa cosa sta già succedendo con lo sfruttamento degli immigrati in certi lavori, in edilizia, nella raccolta della frutta e della verdura, nelle cucine di molti ristoranti, dove, combinazione, l’infortunio o la malattia sono una vera rarità. La nuova economia, dunque, non si preannuncia come granché entusiasmante per chi pensa che la salute sia il bene da tutelare prima di ogni altro, anzi, appare come un astuto, pericoloso e massiccio attacco a conquiste frutto di lunghe lotte. Il rischio evidente è che, venendo progressivamente meno quelle tutele in un’ampia fetta del mondo del lavoro, diventi sempre più facile ridurle anche in quei pezzi della old economy di cui, almeno per ora, non sembra a ancora facile fare a meno
Fonte: Cipes – Promozione Salute 2018 – Articolo di Claudio Mellana