MOBBING VERTICALE: COS’E’, QUANDO SI MANIFESTA, COME DIFENDERSI
Questo articolo, selezionato dal Consigliere di Risorsa Salvatore Tonti e già comparso sulla nostra pagina FB, merita di essere portato all’attenzione dei consultatori del nostro sito, che costituisce un punto di partenza per un gruppo consistente di risorse informative utili a quanti subiscono o sono semplicemente interessati al mobbing. La nostra Volontaria Erika Porzio ne ha fatto una breve sintesi, ma ricordiamo la fonte dell’articolo completo che è a questo link
Fonte: “Termometro politico”- gennaio 2021 – autore: Claudio Garau.
Mobbing verticale: di che si tratta e come si manifesta
Il mobbing è la condotta di chi, sul luogo di lavoro, compie atti persecutori ripetuti nel tempo nei confronti di un lavoratore che sono puniti da distinte norme di legge a seconda che, ad esempio, rientrino in fenomeni di stalking, piuttosto che di bullismo, o di cyberbullismo.
Il mobbing verticale, conosciuto anche con il termine inglese “bossing”, è una particolare forma di mobbing, per la quale le vessazioni e i soprusi perpetrati sul luogo di lavoro sono commessi dal proprio superiore gerarchico o dal proprio capo. Tali comportamenti (ad esempio: l’ossessiva vigilanza, le provocazioni o gli insulti rivolti alla vittima di mobbing davanti agli altri colleghi, le sanzioni disciplinari immotivate, la revoca dei benefits aziendali oppure l’imposizione di mansioni dequalificanti) possono, a lungo andare, essere fonte di stress e malessere, se non di veri e propri danni alla salute psicofisica e favoriscono il rischio di sfociare in veri e propri fenomeni di panico e depressione. Il mobbing verticale, affinché abbia rilievo e possa essere fonte di responsabilità per l’autore, deve protrarsi con atti persecutori e vessatori prolungati per almeno sei mesi. Inoltre, la vittima potrà capire di essere di fronte al mobbing verticale da parte del suo superiore o datore di lavoro, laddove sia conclamata l’intenzionalità dell’autore, ovvero la sua volontà di danneggiare la vittima e quindi, quando vi sia dolo. Analogamente, sarà decisiva la sussistenza del rapporto causa-effetto tra la vessazione e il danno alla salute sopportato dalla vittima di mobbing verticale: tale nesso dovrà adeguatamente essere provato nel corso di un’eventuale causa in tribunale.
Lo scopo del mobbing da parte del datore di lavoro
Il mobbing verticale, pur essendo una condotta illecita, ha una specifica finalità; il datore di lavoro lo attua per isolare la vittima e spingerla, sotto stress, ad optare per le dimissioni. Si tratta di un comportamento subdolo e persecutorio, un abuso di potere tale da violare i diritti fondamentali del lavoratore. Tale comportamento è agevolato, in caso di mobbing verticale, perché il capo o datore di lavoro potrà sfruttare a proprio favore la posizione di superiore gerarchico per compromettere la salute e la carriera professionale della vittima.
Come tutelarsi in caso di mobbing da parte del capo?
La legge prevede adeguate tutele che permettono al lavoratore di segnalare la situazione e le persecuzioni nei suoi confronti, affinché possa far valere i suoi diritti ed ottenere un risarcimento del danno (in ambito civile o penale). In corso di causa, sarà però essenziale dimostrare al giudice la sussistenza del nesso di causalità tra gli atti persecutori continuati ed il danno alla salute psicofisica: sarebbe auspicabile la testimonianza di qualcuno, la produzione in giudizio di atti come certificati medici o e-mail che possano attestare in un qualche modo il comportamento illecito del capo. Per segnalare le vessazioni, sarà sufficiente rivolgersi agli sportelli anti-mobbing, alla sezione Lavoro del tribunale, oppure alle forze dell’ordine (carabinieri o polizia), quando si ritenga che il mobbing verticale abbia dato luogo ad una responsabilità penale e quindi a veri e propri reati (ad esempio, le molestie sessuali). Agire prontamente contro il “mobber” potrebbe assicurare un’eventuale vittoria in giudizio con risarcimento danni.